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martedì 27 agosto 2019

L'ORSO LANOSO e la TIGRE DA GIARDINO

Nome scientifico ARCTIA CAJA, si tratta di un lepidottero appartenente alla famiglia Erebidae, diffuso in America Settentrionale ed Eurasia (tra cui anche alcune regioni d'Italia).

Nello stadio larvale il bruco, in inglese simpaticamente chiamato Wolly Bear (Orso Lanoso), presenta una folta peluria che va via via infoltendosi ed aumentando di lunghezza col progredire delle varie mute che ogni singolo individuo attraverso durante il proprio ciclo vitale. 
A differenza di  altre specie di lepidotteri, come la processionaria, la peluria non è urticante, io stesso ho maneggiato molti bruchi a mani nude senza risentirne in alcun modo, va però detto che la sensibilità può ossere soggettiva e quindi in linea generale se ne sconsiglia il contatto diretto con la pelle alla maggior parte delle persone. 
Più l'individuo si sviluppa e più è possibile notare la presenza di piccoli tubercoli biancastri che si delineano in successione ai lati della schiena.
La colorazione risalta immediatamente all'occhio in quanto parte da una base inferiore di un fulvo acceso, in alcuni punti tendente proprio al rosso/arancione, la parte superiore invece è nera e va via via schiarendosi lasciando la fine della peluria dorsale di un colore grigio/bianco.



Bruchi alla penultima muta


I bruchi dell'Arctia Caja si nutrono di una vasta gamma di piante tra cui le più note sono lattuga, tarassaco, ortica, trifoglio, cavolo e malva, l'alimentazione come per la maggior parte dei bruchi, è l'attivita principale se non unica dello stadio larvale ed in quanto tale occupa la quasi totalità delle 24 ore, anche se ho potuto osservare che questa specie non disedegna alcune pause tra un pasto e l'altro.
Ogni volta che il bruco, durante la sua vita larvale, raggiunge determinati livelli di crescita esegue una muta: in questo procedimento l'esemplare rallenta la sua attività fino ad immobilizzarsi dopo di che, in un tempo variabile di una o più ore, con un po' di fortuna si può notare la parte frontale dell'individuo squarciarsi ed aprirsi per lasciare uscire lentamente il nuovo individuo, più grande e ogni volta più completo.


Vecchia "pelle" dopo la muta

 
Bruco dopo l'ultima muta

Arrivato tramite un numero variabile di mute alla giusta dimensione (intorno ai 3cm circa, dato  relativo) il bruco nella maggior parte dei casi cerca un luogo nascosto tra il fogliame o in alto su qualche ramo ed una volta trovato inizia a tessere intorno a se stesso una simil bozzolo setoso che crea una comoda camera di isolamento da eventuali intereferenze esterne (per quanto si tratti più di una barriera di filamenti piuttosto che un vero e fitto bozzolo).



Bruco intento a costruire bozzolo

 
Fatto ciò, nel giro di due o tre giorni si compirà l'ultima muta, stavolta però dalla "pelle" del bruco uscirà una crisalide inizialmente molle e di color giallo brillante che col passare delle ore diverrà sempre più coriacea di color bruno scuro.



Crisalide all'interno del bozzolo



Macro varie crisalidi

Trascorse circa due settimane, la crisalide inizierà a contorcersi e creparsi lasciando uscire una maestosa falena che zampetterà il prima possibile in un punto in alto per lasciar defluire il proprio sangue nelle ali e poter così dispiegarle completamente.
Nello stadio finale l'Arctia Caja è una stupenda falena caratterizzata da un paio di ali superiori di color marrone scuro con molteplici venature bianche, molto probabilmente per una questione di mimetizzazione col fusto di alberi e arbusti, un paio di ali inferiori arancioni chiare con macchie circolari nero/bluastre questa volta atte a spaventare eventuali predatori.
Inoltre è dotata di antenne bianche, una folta peluria castana intorno a collo con un sottile collare di peli rossi ed un corpo arancione vivo con delle striature orizzontali nere, da cui il nome inglese Garden Tiger (Tigre da giardino).


Falena in dispiegamento alare


Falena completa

Le falene vivono in media una settimana e non si nutrono ma dedicano questo breve lasso di tempo alla ricerca di un partner, una volta incontrato e terminato l'accoppiamento le femmine depongono decine, a volte centinaia di uova salvo poi spirare definitivamente.


Macro uova


Deposizione massiccia di uova

Le uova sono di forma sferica e diametro circa 1mm, presentano una colorazione verde opaca e vanno progressivamente scurendosi nell'arco di una settimana, trascorsa la quale l'involucro esterno di rompe e viene divorato mano a mano dalla nuova progenie di bruchi che ne uscirà pronti a ripetere tutto il ciclo all'infinito.



Schiusura delle uova
 
Considerazioni personali
Sono entrato in possesso di 10 bruchi di Arctia Caja circa ad inizio Luglio, gli esemplari erano già oltre la metà della loro vita larvale. 8 esemplari hanno portato a termine l'intero ciclo vitale divenendo falene, un esemplare è morto nella fase larvale per cause sconosciute ed uno invece non ha portato a compimento la trasformazione da crisalide. Degli 8 esemplari prima citati solamente uno si è rivelato essere una femmina e da quanto ho potuto osservare era di dimensioni circa una una volta e mezzo le altre falene, motivo per cui sono fortemente spinto a considerare la dimensioni come unico tratto di dimorfismo sessuale percepibile ad occhio nudo. 
In questa settimana la femmina ha deposto ad occhio e croce circa 300 uova, ad oggi siamo a fine agosto le uova si sono schiuse e ora nella farfalliera in cui ospito gli esemplari sono invaso da bruchi lunghi appena 2mm.
Questa specie di lepidottero è molto affascinante e molto facile da allevare, ho notato che nella dieta gradisce maggiormente il tarassacco e tutte le piante con struttura delle foglie affine ad esso.
Come anche molti insetti, questo lepidottero aumenta il suo metabolismo di pari passo con le temperature ambientali ma nonostante ciò può essere tenuto all'aperto anche in inverno senza temerne la morte, semplicemente si avrà un enorme rallentamento nel suo ritmo vitale per poi riprendere normalmente in primavera ed accellerare al massimo in estate.


lunedì 8 luglio 2019

3,5 LEGHE SOTTO IL MARE

Benvenuti nella sezione "Acquariofila"!

Tra i miei primi ricordi di bambino ci sono una buona dose di ore passate a fissare un acquario in salotto, la cosa non poteva che riproporsi, vista la stravaganza delle mie passioni, in maniera esponenziale una volta diventato adulto. Nella mia esperienza decennale con gli acquari si sono susseguite varie vasche a partire da 20Lt, passando per 30Lt, 50Lt fino a 75Lt passando da caridinai, biotopi asiatici, batterie di allevamento ecc ecc.
Ad oggi, vista la coesistenza di più animali/piante a cui il sottoscritto quotidianamente deve far fronte, la situazione si è ridimensionata dando vita al progetto di un mini-acquario.

Nello specifico, dato che la parola mini è un po' riduttiva in tutti i sensi, parliamo di "Nano Acquario": per dovere di cronaca, nel mio caso sarà una sottobranca ovvero un "Pico Acquario", la differenza sostanziale tra i due è la dimensione ovvero pico 10-20Lt. e nano 25-40Lt.

Le dimensioni del mio acquario sono 15x18x13cm rispettiamente HxLxP, dalle quali possiamo con un semplice calcolo ricavarne la capienza effettiva: basta moltiplicare le tre dimensioni in cm ovvero 15x18x13=3510 dopo di che dividiamo per 1000 e otterremo quindi 3,5 Lt.
Mai come in questo caso bisogna mettere i punti sulle i riguardo alla capienza effettiva rispetto a quella reale: tutto ciò che va inserito in vasca come fondo, piante, ornamenti, andrà chiaramente a togliere spazio e quindi il litraggio reale sarà minore, ovviamente più grande è la vasca meno questa cosa inciderà, nel mio caso possiamo stimare che il litraggio reale si aggiri sui 2,5Lt.

SETUP
  1. Fondo: generalmente si possono effettuare due scelte ovvero substrato fertile ricoperto da sabbia/ghiaino o solo sabbia/ghiaino. La differenza principale è che con la presenza del fondo fertile possiamo inserire in vasca una moltitudine di piante dotate di apparato radicante che quindi, affondando le radici in esso, potranno crescere rigogliose ed in quantità, mentre in assenza del fondo fertile si potranno inserire esclusivamente piante epifite (che vivono ancorandosi generalmente ad altre piante/tronchi/sassi) o piante finte (per i meno fantasiosi/laboriosi).
    Date le piccole dimensioni della vasca e la quasi totale assenza di piante classiche ma così minute da poterci stare dentro ho chiaramente optato per un fondo composto esclusivamente da ghiaino, nello specifico di colore nero, per poter esaltare alla vista tutti gli altri colori.
  2. Piante: ricollegandomi a quanto appena detto per il fondo, le piante che ho utilizzato sono una Anubias Barteri Var. Bonsai (epifita, la più piccola di tutta la famiglia anubias) legata con filo/bava da pesca ad un sasso, muschio di Giava (o Java Moss, variante acquatica del comune muschio, in grado di creare bellissimi cespugli) anche questo legato ad un sasso, Riccia Fluitans (genericamente galleggiante ma può essere "modellata" ancordanola ovunque) in tre prozioni ognuna sempre ancorata ad un piccolo sasso per ciascuna ed infine ho creato un tetto ombreggiante su tutta la superficie con la galleggiante Lemna Minor (o lenticchia d'acqua, per chi abita in Veneto/Emilia è quel tappeto verde che si forma sui fossati da Marzo a Ottobre).
  3. Illuminazione: si decide con un rapporto misurato in watt/litro ed è importantissima in ogni acquario in quanto permette la fotosintesi alle piante. Ogni pianta inoltre necessita di un'adeguata illuminazione che può essere scarsa luce fino alle più esigenti che richiedono 2watt/litro. Nel mio caso i muschi e le epifite non amano molto la luce (sopratutto la anubias che predilige le zone ombrose) ed avendo un faretto a led di 10watt (quindi un rapporto di quasi 5watt/litro) ho dovuto montarlo a circa 30cm di altezza dalla superficie della vasca e ricoprire qest'ultima di piante galleggianti. N.B. in acquario, con luce artificiale, non rischiamo di incenerire le piante bensì nel giro di un paio di giorni si può avere un esplosione batterica di alghe infestanti se la luce è troppa. Con i miei accorgimenti riesco ad impostare il timer del fotoperiodo ad 11 ore giornaliere senza problemi.
  4. Filtro: il cuore dell'acquario, può essere meccanico o biologico, nel primo caso sarà composto solo da una pompetta di ricircolo ed un eventuale porzione di spugna per limitare lo sporco in ingresso alla pompa, nel caso di biologico invece (preferito dalla maggior parte delle persone me compreso) abbiamo una pompa di ricircolo che fa filtrare l'acqua attraverso uno scomparto riempito di materiale poroso (solitamente cannolicchi) nel quale si instaurerà naturalmente una colonia batterica che "purificherà" il nostro acquario (vedi sotto NO2 e NO3 spiegazione più tecnica).
    Io per esigenze di spazio utilizzo un filtro esterno, nella fattispecie del tipo "a zainetto" o "appeso". (marca Amtra mod. Niagara 190) 
  5. Temperatura: parliamo di un acquario dolce tropicale pertanto è d'obbligo che in vasca la temperatura sia min. 24°C e max. 29°C cosa che in primavera/estate avviene normalmente mentre in autunno/inverno viene mantenuta da un riscaldatore appositamente inserito (mini anche quello nel mio caso, marca Newa mod. Newattino10)
  6. Chimica: questa è una componente importante in quanto i tempi dei pesci rossi in acqua di rubinetto sono finiti e a farla da padrona ora per il corretto sviluppo e mantenimento di un acquario sono i seguenti valori:
    • PH è il grado di acidità dell'acqua;
    • KH è la durezza carbonatica dell'acqua, ha anche funzione di stabilizzazione del PH;
    • GH è la durezza totale dell’acqua, cioè la concentrazione dei sali di Calcio e Magnesio;
    • NO2 sono i nitriti, potremmo definirli come il primo step dell'inquinamento in vasca;
    • NO3 sono i nitrati, secondo step e risultato della trasformazione dei nitriti da parte dei batteri del filtro biologico dell'acquario. 
    • I miei valori attuali sono PH=7 KH=6 GH=6 NO2=0 NO3=0

ADDIZIONALI: ho provveduto ad inserire anche una piastra di plexiglass opportunamente forata e sagomata in quanto essendo una vasca aperta mi è capitato già due volte che un pesce sia saltato fuori.
Inoltre viste le alte temperature estive (in stanza 28.5°C) ho approntato un impianto di raffreddamento fai da te costituito da un braccio a L di legno con montata sopra una ventola da computer che da sola è in grado di rinfrescare la superficie dell'acqua fino a far scendere la vasca a 25°C.


In riferimento al paragrafo della chimica ho omesso volutamente ciò che concerne la fertilizzazione: vi sono innumerevoli modi per fertilizzare le piante di un acquario, personalmente ho constatato che il rischio di scombussolare totalmente il buon andamento della vasca usando fertilizzanti è mediamente alto perciò rimango dell'idea che la cosa migliore sia l'utilizzo di CO2.
Utilizzare l'anidride carbonica ha principalmente due vantaggi ovvero implementare il sistema nutrizionale delle piante, quindi marginalmente accellerarne la crescita, e ci permette di agire in maniera significativa inviseme al KH sulla regolazione del PH. Si possono utilizzare impianti "professionali" realizzati con bombole di CO2 pura ed una serie di ergoatori/rubinetti oppure molto più semplice ed economico (il mio caso) un impianto di CO2 "artigianale".
Questo tipo di impianto si realizza in maniera molto semplice ed economica utilizzando una bottiglia di plastica per bevande gasate (hanno una plastica più adatta), una flebo da farmacia (per aspirare la CO2 dalla bottiglia e regolarne il flusso tramite l'apposita rotellina), una pietrina porosa, zucchero, lievito,colla di pesce ed acqua.
La preparazione varia in base alla capienza della bottiglia, io uso quelle piccole da 0,33Lt (quelle da distributore per capirci), faccio bollire 50gr di acqua disciogliendo all'interno 100gr di zucchero ed un foglio di colla di pesce/gelatina per dolci. Verso il tutto nella bottiglietta e lascio raffreddare in frigo/freezer fino a che non si solidifca poi sciolgo 3gr di lievito (circa 1/6 di un panetto) in mezzo bicchiere di acqua tiepida (non calda altrimenti il lievito che è un fungo potrebbe morire), verso la soluzione ottenuta nella bottiglietta e chiudo col tappo a cui è infilata la flebo tenendo serrato il deflussore a rotellina per circa 1 ora in modo che vada in pressione.
Passato questo lasso di tempo il lievito avrò iniziato a nutrirsi della geltina zuccherata riproducendosi sempre più e creando come scarto della sua digestione...rullo di tamburi...esatto la CO2, che poi tramite la pietrina porosa posta in vasca verrà inserita sottoforma di minuscole bollicine per meglio disciogliersi.
P.S. io per scelta puramente estetica ho provveduto a ricavare da un tubo di pringles, opportunamente ritagliato e colorato di nero, un cilindro che nascondesse la vista della bottiglietta e fosse più in armonia con il resto dell'arredamento.



Fauna
I componenti del mio pico acqurio sono una coppia M/F di Guppy Snake Skin e 5 esemplari di caridine Red Cherry Sakura

Sotto posto un po' di foto riguardanti vasca, setup, fauna, CO2 ecc:


Acquario vista frontale, con sistema di raffreddamentoa ventola



Piante: muschio Giava (alto sx), Anubias Barteri Var. Bonsai (alto dx), Riccia Fluitans (linea frontale basso)


Acquario vista laterale (nel filtro si possono vedere spugna e cannolicchi)


Acquario vista da sopra, tappeto di Lemna Minor


Guppy Snake Skin Maschio (sopra) Femmina (sotto)



Caridine Red Cherrry Sakura


Impianto CO2 artigianale + copri bottiglia


Aggiornamento 23/07/19 - Le prime Nascite!!

"La natura trova sempre un modo"...nella notte la femmina di guppy ha partorito circa 10 avanotti pimpanti ed in salute, nonostante le piccole dimensioni della vasca ci sono molti posti tra le piante dove nascondersi e le stesse piante galleggianti, tramite i prolungamenti delle loro radici aeree, forniscono protezione. Purtroppo però le stesse ridotte dimensioni dell'ambiente hanno portato ad una convivenza troppo ardua la femmina ed il maschio e quest'ultimo ha dovuto subire degli scontri fisici continui fino allo stremo totale, condizione che ne ha determinato ahimè la morte (il corpo deve essere stato divorato in poche ore dalle caridine dato che non ve ne è più traccia e che le stesse sono degli spazzini ultra-professionali).
Nella foto seguente sono riuscito ad immortalare una nuvoletta di avanotti in superficie.


Avannotti Guppy

martedì 2 luglio 2019

IL GIARDINO DEL DIAVOLO

Benvenuti nel "Giardino del Diavolo" dove c'è spazio solo per i giganti, abituati alla vita selvaggia, ammaestratori di grandi e pelosi animali ed in grado di beffarsi della morte...andiamo a scoprire quindi queste meravigliose proto-carnivore!!

Anzi tutto col termine proto-carnivore si intende piante in grado di catturare le proprie prede senza però produrre enzimi digestivi, nonostante ciò la decomposizione degli insetti rilascia dei fluidi corporei che fungeranno da vero e proprio concime fogliare.
Le piante che andremo ad analizzare, in quanto da me coltivate, sono della famiglia delle Martyniaceae. Tali piante raggiungono dimensioni molto ragguardevoli in termini di grandezza, parliamo di circa 50cm di altezza e 50-70cm di larghezza in vaso e 1mt x 2mt se piantate in campo aperto.

Hanno un ciclo di vita al 99% annuo (salvo rarissime eccezioni), producono larghe e grandi foglie ricoperte, come anche il fusto, di peli collosi.

N.B. :  tutti se lo chiedono ma la risposta è sempre quella: NO non è la tipologia di pianta da cui si ricava l'omonima crema per i reumatismi!







Fiore di Proboscidea Fragrans


Fioritura
Ogni fusto produce vari boccioli in tutto l'arco vegetativo, i fiori hanno un diametro di circa 5cm e variano dal bianco, giallo al violaceo in base al tipo di pianta. Sono anch'essi ricoperti di una peluria collosa esternamente mentre internamente, all'entrata della bocca vi è una sorta di piccola bocca, di color verde chiaro, atta a raccogliere il polline ed una sacca posta sul fondo interno contenente appunto il polline stesso.
Impollinare il fiore è molto semplice, basterà utilizzare un cotton fioc inumidito per raccogliere il polline dal fondo del fiore ed andarlo a spennellare sulla bocchetta frontale. che una volta stimolata si chiuderà.
Dopo un paio di giorni il fiore cadrà a terra e, se tutto è andato a buon fine, a distanza di neanche una settimana assisteremo alla grandiosa maturazione del frutto.
















L'Artiglio del Diavolo
Una spiegazione a parte è doverosa per queste piante che traggono questo appellativo per il singolare ed affascinante processo di maturazione dei loro frutti: come detto sopra, se l'impollinazione andrà a buon fine assisteremo rapidamente alla caduta del fiore ed all'ingrossamento progressivo di quello che sarà il frutto. Quest'ultimo, ricoperto anch'esso da una peluria collosa, avrà una forma ricurva di color verde brillante e aumenterà di dimensioni fino ad una lunghezza di circa 15-20cm.
A maturazione completa il bacello si seccherà, perdendo lo strato vegetale che lo ricopre e sfoggiando un rugoso e ligneo involucro scuro, praticamente nero, che in un paio di giorni si aprirà mostrando due lunghe zanne appuntite.
Dalle ricerche e gli studi effettuati su questo tipo di piante si presume che all'epoca della loro comparsa fossero presenti nelle medesime zone d'origine dei grandi animali dotati di folta pelliccia. Le piante in pratica sfruttavano questi animali per conficcare nel loro manto i bacelli artigliati e provvedere così alla dispersione dei semi.
Di seguito ho documentato fotograficamente quanto riportato in questo paragrafo.


Maturazione Artiglio del Diavolo: Proboscidea Lousianica 

                                     1. Fiore impollinato dopo 7 gg.                                                         2. Frutto in maturazione dopo 20 gg.                                                                           3. Artiglio completo dopo circa 40gg.

Nelle prime righe di presentazioni ho simpaticamente detto che queste piante sono in grado di farsi beffa della morte, ciò più precisamente è dovuto a due fattori:
  1. Nonostante il ciclo di vita annuo esistono dei rarissimi casi in cui la pianta, sempre se coltivata all'esterno chiaramente, riesca a sopravivvere fino a 2 anni;
  2. All'interno dell'artiglio sono contenuti i semi, di forma ovale, o neri o bianchi, grandi circa 8-9mm, la loro disposizione però è un altro fattore che rende sempre più affascinante questa pianta in quanto la maggior parte risiede in un camera di raccolta mentre una seconda porzione di semi è stoccata in fila all'interno di una specie di "sacca stagna".
    Ciò permette alla pianta di avere una progenie anche a distanza di qualche anno in attesa che la sacca stagna si rompa o per naturale decomposizione o per schiacciamento al passaggio di qualche animale. Di seguito vi faccio vedere meglio con una foto la struttura interna dei semi.
 

Sezione Artiglio di Proboscidea Lousianica
 

Coltivazione
Se Dionaea e Sarracenia sono resistenti qui siamo nel pieno del rustico!
Si può coltivare in molti modi differenti dato che si adatta a terreni sia acidi che basici, esausti o concimati, penombra o sole dalla mattina alla sera, acqua piovana o di rubinetto.
Generalmente io utilizzo terriccio comune mischiato ad un po' di perlite, lapillo/argila espansa ed un pizzico di vermiculite per aumentare le sostanze nutritive nel terreno.
I semi vanno adagiati sul terreno quando le temperature sono stabili sui 15° (primavera inoltrata).
I miei vasi sono esposti a sud ed ogni sera, quando le temperature sono più clementi, bango con abbondantissima acqua di rubinetto il terreno dall'alto.

Considerazioni personali
Si sarà capito che ho una predilezione per le piante a ciclo annuale (o con riposo vegetativo) e quelle con le caratteristiche più insolite, se poi uniamo le due cose ed otteniamo una pianta grande, forte, che sviluppa dei grossi e neri artigli ricurvi...beh cosa si può volere di più!
Curiosità: come per ogni pianta, il tasso di germinazione dei semi col passare del tempo diminuisce gradualmente (o esponenzialmente in base alla specie), una settimana fa però facendo ordine in stanza ho trovato dei semi di Proboscidea Fragrans di 5 anni fa e senza pensieri e speranze li ho letteralmente lanciati in un vaso di terriccio sguarnito, il risultato? Sono già nate un paio di piantine!!


Nello specifico indico qui sotto, con relative fotografie, gli esemplari che attualmente sto coltivando:


Proboscidea Triloba (non ancora adulta)

 
Proboscidea Parviflora
 

Ibicella Lutea
 

Proboscidea Fragrans

 
Proboscidea Lousianica

domenica 30 giugno 2019

CRIPTOBOTANICA

Definizione: La criptobotanica è una disciplina considerata psudoscientifica che studia varie piante sconosciute, che secondo la comunità scientifica non esistono o sono estinte, delle quali si trovano riscontri nella mitologia, nella letteratura o in alcuni resoconti di viaggio. (Cit. Wikipedia)

Ho scelto questa definizione in quanto le piante che io coltivo sono "prettamente" piante carnivore (le virgolette serviranno per una sezione a parte del blog dove illustrerò la sezione proto-carnivore che chiamerò "il giardino del diavolo").

Dal punto di vista scientifico, il primo a scrivere di piante carnivore fu Charles Darwin nel libro Le piante insettivore del 1875. Tuttavia fu solo nel 1942 che venne coniato il termine “piante carnivore”: fu Francis Ernest Lloyd, biologo e botanico inglese naturalizzato statunitense, che ne scrisse nel libro The Carnivorous Plants.

Esistono molte, per non dire moltissime, specie di piante carnivore, ognuna con le più disparate singolarità che le rendono uniche ed affascinanti, in questa panoramica generale elencherò solamente quelle che attualmente io coltivo che prevalentemente sono del tipo "temperate" o a ciclo di vita annuo.

Il termine temperate fa riferimento all'habitat di origine di queste piante, parliamo cioè di climi prevalentemente miti con caldo in estate e freddo in inverno, per semplificare possiamo prendere il modello climatico del nostro paese (Italia), escludendo casi particolari come le alte quote in montagna o le punte mediterranee del mezzogiorno.
Le piante carnivore di tipo temperate iniziano, o meglio riprendono, il loro ciclo vegetativo di crescita in primavera di pari passo con l'innalzarsi delle temperature, dando il massimo in estate, mentre con l'arrivo dei primi freddi rallenteranno sempre più fino ad entrare in inverno in uno stadio di ibernazione nel quale adottano vari stratagemmi modificandosi fisicamente per far fronte alle basse temperature.
Le piante che hanno invece un clico di vita annuo, come suggerisce il termine, nascono e muoiono nell'arco delle quattro stagioni, fiorendo al massimo del loro ciclo di vita (o comunque prima della fine del caldo) nel tentativo di essere impollinate e generare i semi che proseguiranno la "stirpe" nella primavera dell'anno seguente.

I generi che io coltivo, in ordine alfabetico, sono i seguenti:

Nelle apposite sezione, cliccando sul nome di ogni specie, spiegherò a grandi linee le caratteristiche principali di ognuna di esse.

sabato 29 giugno 2019

IL PARCO APRE I BATTENTI




Questo blog nasce come diario da e per l'esperienza di un appassioanto di piante ed animali particolari, ovvero il sottoscritto.
Verranno pubblicate riflessioni, idee ed esperienze che ogni giorno di più hanno trasformato gli angoli liberi della mia mente in un semplice ma al contempo laborioso "giardino zoo-botanico".